Negli ultimi 10 giorni mi sono successe un po’ di cose. Nell’ordine, ho “partecipato” alla presentazione di una raccolta di racconti di affermati autori del panorama nazionale, come Elisabetta Liguori e Livio Romano. In quest’occasione, sono diventato un’opera d’arte vivente grazie al lavoro di Carlo Dicillo, scenografo della Rai, che ultimamente si è occupato di Gaia, il pianeta che vive. Inoltre si occupa delle scenografie dei concerti di Caparezza.
Ha dipinto la mia schiena in un’operazione di body art seguitissima e molto riuscita. Sempre in questi 10 giorni, sono stato impegnato nella lettura e recensione di un paio di testi che mi sono stati inviati da una casa editrice. Ho poi intervistato un amico, lo stesso Livio Romano, per il mio sito ufficiale. Venerdì scorso, infine, ho avuto l’onore di intervistare anche il primatista mondiale Pietro Mennea (trovate il video sul mio canale youtube paolomerendachannel).
In tutti i casi su citati, l’euforia è durata ben poco, e mi sono subito lanciato in una nuova avventura. Sono fatto così: appena raggiunto un traguardo miro subito al successivo. Ogni fine è un nuovo inizio.
Il che mi porta a un passo illuminante che ho letto ieri. Sto gustando l’ultima fatica letteraria di Stephen King, la raccolta di racconti Notte buia, niente stelle. A pagina 86 del primo racconto, 1922, c’è il passo che riporto. Poi, com’è noto, le novità sbiadiscono. Tutte le novità sbiadiscono, e di solito non ci vuole molto tempo. Sotto il nuovo c'è il consueto, che è quasi sempre squallido e grigio. Come il culo di un ratto.
Nel mio caso, il consueto non è squallido e grigio: faccio un lavoro che mi piace e conosco brave persone, buoni amici. Ma il senso è comunque lo stesso, cioè che qualunque novità la vita mi riservi, prima o poi (più prima che poi) arrivo ad assuefarmi e a cercare di conseguenza nuovi stimoli. Credo sia un bene, ma non ne sono del tutto sicuro.