Il 22 novembre 1990, nella squadra di un’altra leggenda, Million Dollar Man, Ted Di Biase, esordiva in WWE (allora WWF) la Leggenda per eccellenza, The Undertaker. Sono passati 25 anni e i bambini del pubblico che lo vedono passare non scoppiano più a piangere, come succedeva allora, ma alcune cose sono rimaste immutate.
In questi giorni i suoi due episodi legati al PPV Survivor Series (evento di wrestling definito tra i quattro maggiori dell’anno), il debutto nel 1990 e la vittoria del primo titolo del 1991, sono diventati tre con il match, in coppia con il fratello (in storyline) Kane, riformando i Brothers of Destruction, contro Bray Wyatt e Luke Harper, ovvero metà della Wyatt Family. Sono d’accordo con quanto fatto dalla prima federazione mondiale di wrestling, ovvero far affrontare a due atleti dalla gimmick molto dark, come Undertaker e Kane (non a caso ribattezzati Brothers of Destruction), metà di una stable altrettanto controversa e oscura come la Wyatt Family, che richiama già nel nome la Manson Family di Charles Manson, uno dei criminali più famosi della storia recente.
L’idea, ottima, non ha trovato riscontro sul ring, dopo il gong: nonostante la scelta dell’incontro tag team che ha permesso al Deadman di rifiatare quando a lottare vi era Kane, a 50 anni non ha potuto mantenere la stessa intensità di 20, ma anche 10 anni fa. È stata una passerella e poco più, con annessa ovvia vittoria e l’esecuzione dell’Old School, la Chokeslam, la Tombstone e le altre mosse che lo hanno reso famoso, ma devo dire che per me è stato lo stesso un grande spettacolo. Perché è quello che mi attendevo e che molti, credo, si attendevano: per il match tecnico aspetto il ritorno sul ring di Daniel Bryan, da Mark Calaway voglio solo che si trasformi in Undertaker.
Anche quando è a Wrestlemania, con il suo record di vittorie consecutive, o quando l’ho visto in un house show, un evento non trasmesso in TV (la foto allegata al pezzo viene appunto da lì, l’ho scattata io), attendevo la tecnica dal maestro Chris Benoit, e non sono stato smentito, mentre il Becchino è stato uno spettacolo già dall’ingresso.
Certo, ormai si naviga a vista perché non può più assicurare la continuità degli altri atleti e progetti a lungo termine, ma una cosa è certa: con lui sul ring, qualcosa di notevole prima o poi succede.
In questi giorni i suoi due episodi legati al PPV Survivor Series (evento di wrestling definito tra i quattro maggiori dell’anno), il debutto nel 1990 e la vittoria del primo titolo del 1991, sono diventati tre con il match, in coppia con il fratello (in storyline) Kane, riformando i Brothers of Destruction, contro Bray Wyatt e Luke Harper, ovvero metà della Wyatt Family. Sono d’accordo con quanto fatto dalla prima federazione mondiale di wrestling, ovvero far affrontare a due atleti dalla gimmick molto dark, come Undertaker e Kane (non a caso ribattezzati Brothers of Destruction), metà di una stable altrettanto controversa e oscura come la Wyatt Family, che richiama già nel nome la Manson Family di Charles Manson, uno dei criminali più famosi della storia recente.
L’idea, ottima, non ha trovato riscontro sul ring, dopo il gong: nonostante la scelta dell’incontro tag team che ha permesso al Deadman di rifiatare quando a lottare vi era Kane, a 50 anni non ha potuto mantenere la stessa intensità di 20, ma anche 10 anni fa. È stata una passerella e poco più, con annessa ovvia vittoria e l’esecuzione dell’Old School, la Chokeslam, la Tombstone e le altre mosse che lo hanno reso famoso, ma devo dire che per me è stato lo stesso un grande spettacolo. Perché è quello che mi attendevo e che molti, credo, si attendevano: per il match tecnico aspetto il ritorno sul ring di Daniel Bryan, da Mark Calaway voglio solo che si trasformi in Undertaker.
Anche quando è a Wrestlemania, con il suo record di vittorie consecutive, o quando l’ho visto in un house show, un evento non trasmesso in TV (la foto allegata al pezzo viene appunto da lì, l’ho scattata io), attendevo la tecnica dal maestro Chris Benoit, e non sono stato smentito, mentre il Becchino è stato uno spettacolo già dall’ingresso.
Certo, ormai si naviga a vista perché non può più assicurare la continuità degli altri atleti e progetti a lungo termine, ma una cosa è certa: con lui sul ring, qualcosa di notevole prima o poi succede.
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