Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere il fumetto di Zerocalcare scritto per Wired (di cui trovate un’immagine qui sopra), che trovate integralmente a questo link, e ho ripensato quanto in effetti abbia ragione. Max Pezzali, e prima ancora il suo storico progetto 883, ha dato e continua a dare davvero l’impressione di essere un gigante della musica, nonostante forse nel panorama italiano ci siano cantanti più dotati. Questo accade perché tocca altre corde, è cresciuto con i trentenni attuali cambiando i temi trattati in base alla sua, e nostra, crescita.
Da piccolo ho apprezzato tantissimo pezzi come “Hanno ucciso l’uomo ragno”, “Nord Sud Ovest Est”, “Sei un mito”, “Ti sento vivere”, “Tieni il tempo” e “Gli anni”, tra le altre, perché parlavano di cazzeggio, o scoperte, o ancora primi amori, con un tocco di nostalgia già presente in uno dei suoi capolavori, “Gli anni”. Ciò che è riuscito a fare dopo il 1995, però, lo ha fatto diventare un vero gigante: “Nessun rimpianto”, 1997, comincia a trattare temi diversi, come il dolore che si prova quando finisce una storia d’amore, “Finalmente tu” il traguardo dell’amore dopo mille tentativi a vuoto, “Come deve andare” (2001) e “Lo strano percorso” (2004) parlano delle cicatrici dovute alle esperienze di vita. “Sempre noi”, duetto del 2012 con J-Ax, è un monumento malinconico a ciò che è stato, ma come molte canzoni di Pezzali finisce con uno sguardo ottimista al futuro.
Ha, in pratica, seguito la crescita degli allora giovani fan, oggi ormai adulti, che hanno messo da parte l’epoca delle feste sfrenate fino all’alba e oltre, che magari si sono sposati e hanno figli, e che riescono a seguire “lo strano percorso” della vita anche attraverso le canzoni di Max Pezzali.
Non ho scelto a caso la vignetta di Zerocalcare, altro personaggio che riesce a toccare le stesse corde emozionali: forse la sua opera più amata è “Kobane Calling”, ma se avesse esordito con quella sarebbe al massimo finita, tra i cultori del fumetto, nello scaffale di fianco a “Maus” di Art Spiegelman (e nonostante ami i lavori di Zerocalcare, è doveroso specificare che sarebbe accaduto per i temi trattati, non certo per la qualità, inferiore all’opera sull’Olocausto). Invece l’ha pubblicata dopo “La profezia dell’armadillo”, “Un polpo alla gola” (la mia preferita) e “Dimentica il mio nome”, zeppi di riferimenti a Ken il Guerriero, Jeeg Robot, I cavalieri dello Zodiaco, e tutto il mondo nel quale è cresciuto, lo stesso in cui sono cresciuti gli attuali trentenni, portando “Kobane Calling” nelle case di tante persone che non avrebbero nemmeno preso in considerazione un’opera del genere.
Ero indeciso se lasciarvi con il video di “Come mai” o “Una canzone d’amore”, ma ho optato per “Sempre noi”, pezzo impreziosito dalla presenza di J-Ax, artista che ho visto in concerto con gli Articolo 31 e di cui ho mancato un secondo concerto, da solista, perché quella stessa sera veniva presentata una mia pubblicazione in altra sede. Avevo praticamente già in mano i pass backstage, ma ci saranno altre occasioni, magari un concerto con entrambi i cantanti.
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