mercoledì 28 novembre 2018
The Man In The High Castle, buona la terza
Ho appena terminato la visione della terza stagione di Man In The High Castle, uno dei pochi telefilm che seguo con continuità, in attesa di una eventuale nuova stagione di X-Files, che sarebbe la dodicesima, l’arrivo in Italia della dodicesima stagione di The Big Bang Theory (questa già girata e distribuita America) e, a memoria, niente altro.
Doverosa precisazione per chi vuole continuare la lettura: non troverete nessuno spoiler.
Tornando a noi, devo dire che queste dieci puntate sono state come un motore diesel, che è migliorato col passare del tempo. Ho molto apprezzato alcune scelte, altre mi hanno stupito, ma nulla di deludente, forse perché (mi è parso di capire) si sta iniziando a vedere la fine. Un paio di morti eccellenti toglieranno per le successive stagioni personaggi principali di cui si sentirà la mancanza, ma col senno di poi almeno una era giusta. Per le altre attendo alla finestra, poiché credo appunto che tutto sia in chiave di una fine sempre meno lontana.
Vedendo i vari trailer temevo una serie TV che avrebbe virato verso la Resistenza, guerriglia e altro, ma sono stato piacevolmente smentito. Uno dei punti di forza di The Man In The High Castle è presentare tutto come: “Tu, fruitore, stai vedendo come sarebbe il mondo se i nazisti avessero vinto la guerra. Ti muovi in mezzo a loro, ai dissidenti, anche a guerriglia e resistenza, perché no, ma non sentirai cantare Bella Ciao tutto il tempo”. Apprezzo lo sforzo e l’originalità degli sceneggiatori di non fare qualcosa di già visto, fermo restando che ho gradito moltissimo la trilogia di libri (e i quattro film) di Hunger Games, quelli sì sul sovvertire la dittatura come punto centrale. Ovviamente la mano del mai troppo osannato Philip Dick, autore de “La svastica sul sole”, romanzo da cui è tratta la serie TV e ripubblicato col titolo “L’uomo nell’alto castello” in seguito al successo del telefilm, si vede, ma non tutto si limita al suo apporto.
Ultimo aspetto, il cliffhanger finale, ottimo per richiamare a casa i fan quando ci sarà una quarta stagione. Ok, i cliffhanger ormai li vendono un tanto al chilo, ma c’era troppa carne sulla brace per poterla togliere in sole dieci puntate.
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