giovedì 19 dicembre 2019
The Man in the High Castle, la fine di tutto
Qui sotto non troverete spoiler, tranne il pezzo finale, anticipato da un chiaro e palese avvertimento. Proseguite senza paura.
Dopo sole quattro stagioni (avrebbe meritato qualcosa in più per sviluppare meglio il finale, a tratti un pizzico veloce) si chiude la storia di The Man in the High Castle, la serie TV Amazon su un mondo distopico in cui Hitler e il nazismo hanno vinto la seconda guerra mondiale, grazie all’asse con il Giappone, e insieme hanno invaso e occupato gli Stati Uniti d’America. Il soggetto originale proviene dal libro “La svastica sul sole” di Philip K. Dick, conosciutissimo scrittore americano che ha spesso trattato la fantascienza, l’ideatore del telefilm è invece Frank Spotniz, celebre per il lavoro eccellente fatto su “X-Files”, diventato ormai ben più di una semplice serie TV.
Come ho accennato, a tratti un tantino veloce, la difficile ma a suo modo affascinante storia sulle dittature ha bisogno di respiro, tanto respiro. Ciò che avviene quando una dittatura si instaura segue regole più o meno standard, almeno quelle legate alla resistenza (che esiste in automatico, come conseguenza alle continue vessazioni dittatoriali). Gli oppositori si muovono nell’ombra e, qualsiasi cosa accada, prendono sempre più forza e si preparano giorno dopo giorno a sovvertire il regime.
Su questi topoi si muove anche The Man in the High Castle, che tra Juliana Crain e Wyatt Price per la Resistenza, l’ispettore Kido per i giapponesi e John Smith per i nazisti (interpretato da Rufus Sewell, che già conoscevo per il ruolo del cattivo in “The Illusionist”) muove le pedine in modo quasi perfetto. Tutti cambiano e maturano col tempo, e guadagnano il loro picco finale che tengono bene grazie alle doti attoriali. Se non l’avete ancora visto, approfittatene ora che è finito e cominciate.
* Da qui spoiler su un personaggio, non proseguite se non avete visto la quarta stagione.
Riguardo i cambiamenti dei personaggi e gli eventi che accadono a ognuno, devo dire che mi ero affezionato a Robert Childan, il proprietario del negozio d’antiquariato. La sua è una vera e propria epopea: da onesto commerciante a uomo che deve nascondersi e mangiare topi, poi riprende il controllo della sua vita, per ricadere in nuovi e più gravi problemi dovuti al regime. Quando tutto sembra perduto viene riabilitato ma, a quel punto, vuol seguire la neo moglie giapponese nel suo paese. E qui l’ultima caduta, che sembra fatale per il lieto fine di Childan. Per fortuna, grazie alla sua esperienza come commerciante, in extremis il lieto fine c’è. Almeno per lui.
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