martedì 27 febbraio 2018

I Super PJ Masks


Alcuni marchi risentono del comportamento del gregge, mi viene in mente l’esempio della fila notturna all’esterno dei centri commerciali in attesa del nuovo modello di i-Phone. La Apple in generale è un esempio perfetto, con molti utenti che difendono l’azienda fondata da Steve Jobs come farebbero per la madre.
I vestiti di una marca precisa hanno uguale matrice: col passaparola un marchio buono diventa simbolo di onnipotenza. I Levi’s sono oggettivamente ottimi, per forma, per come vestono, qualità dei tessuti e altro. Ma ciò non giustifica come siano, di fatto, diventati sinonimi universali dello stesso concetto di jeans. O meglio lo giustifica ripensando al comportamento del gregge: tutti ce l’hanno, devo averlo anche io altrimenti sono out.
A questo aspetto della natura umana sfuggono i cartoni per bambini in età prescolare, e parlo proprio di bimbi che non sono ancora andati all’asilo. Ognuno di loro, vedendo Rai Yo-yo, Disney Junior, Netflix o quel che capita, decidono tra i cartoni proposti quale sia il loro preferito. Per quanto in discesa, i Minicuccioli hanno riscosso un bel consenso. Peppa Pig, Masha e Orso sono altri due esempi di cartoni dal buon successo (Masha e Orso è davvero ben fatto, a mio avviso). Ma il ruolo del leone è appannaggio dei Super Pigiamini, il trio di bambini che di notte si trasforma in supereroi, poi “sfida e combatte la criminalità”, inteso come tre cattivi, uno su tutti il malvagio scienziato Romeo. Gattoboy, Gufetta e Geco (di giorno rispettivamente Connor, Amaya e Greg) devono sventare i piani della cattiva dal cuore buono, Lunetta, del Ninja della Notte con i suoi non tanto fedeli aiutanti Minininja, e appunto del cattivo per eccellenza, che vuole conquistare il mondo, Romeo. Si tratta di un cartone anglo-francese nato nel 2015 con il nome di PJ Masks e ancora in attività, con i tre protagonisti che strizzano l’occhio alla multirazzialità: Connor è afroamericano, Amaya orientale e Greg di razza caucasica.
Ebbene, i Superpigiamini piacciono a tutti i bambini o quasi. E parlo appunto di bambini ancora mai andati a scuola, quindi dalle interazioni sociali limitate alle festicciole o ai vicini di casa. Inoltre l’età, due anni e mezzo a dir tanto, significa anche un grado di consapevolezza minore, e quindi tre bambini diversi potrebbero in teoria preferire tre cartoni diversi senza sentirsi, scusate la ripetizione, “diversi”. La Dottoressa Peluche, Giulio Coniglio, Il giorno in cui Henry incontrò..., Elena di Avalor, le opzioni non mancano.
La mole di gadgets, dai palloncini, ai piattini e fazzolettini per feste, giochi, biscotti e chissà cos’altro, parla da sola, se li fanno vuol dire che c’è richiesta e si vendono. Quindi, la domanda che mi sono posto diverse volte è questa: dato che ogni bimbo ha scelto da solo, e la maggior parte ha scelto PJ Masks, cosa ha di unico questo cartone animato?
A me sembra la versione moderna dei Superkids che vedevo io da piccolo, ma qualcosa nei colori, nelle gag comiche, probabilmente colpisce la mente dei più piccoli in modo diverso, giustificandone il successo. È apprezzato da chi segue colori e suoni ma magari non ha piena consapevolezza dell’evolversi della storia, ma anche da chi, un pizzico più grande, capisce tutto ciò che accade e soffre nella prima parte, quando i tre eroi sono sul punto di perdere perché uno di loro, a turno, non fa lavoro di squadra.
Ecco, li studierò ancora per capire qual è la loro formula chimica, quale l’ingrediente segreto, come per la Coca-Cola. Secondo voi, quale potrebbe essere? Semplice casualità o ricetta ben precisa?

Nessun commento: